Intolleranze alimentari: tra hocus pocus e pseudoscienza

A dir poco “fantasiosi” i metodi, nuovi e meno nuovi, che il mercato propone per la diagnosi delle intolleranze alimentari. Con inutili privazioni o anche possibili ricadute, anche importanti, sulla salute delle persone, come rileva lo studio condotto dal Dr. Gianluigi Rossi, allergologo dell’azienda Asl di Reggio Emilia.

A dir poco “fantasiosi” i metodi, nuovi e meno nuovi, che il mercato propone per la diagnosi delle intolleranze alimentari. Con inutili privazioni o anche possibili ricadute, anche importanti, sulla salute delle persone, come rileva lo studio condotto dal Dr. Gianluigi Rossi, allergologo dell’azienda Asl di Reggio Emilia.

 

E’ sicuramente una tendenza sempre più diffusa nella società moderna quella di inseguire, con tutti mezzi disponibili e ad ogni costo, il cosiddetto “benessere psico-fisico”, concetto già di per sé piuttosto indefinibile, perché soggettivo, in un’ossessione salutistica collettiva, cavalcata - va detto - da diversi portatori di interessi economici.
Uno dei settori dove ci si sbizzarrisce in modo particolare è quello dell’alimentazione, da sempre l’ambito prediletto nel quale sfogare le nostre ansie, nella ricerca di una facile formula che tenga lontani da noi tutti i mali possibili, oggi e domani. Le intolleranze e le allergie alimentari costituiscono un terreno particolarmente fertile intorno alle quali fioriscono teorie e pratiche più o meno fantasiose sulle loro cause, sui loro rimedi, e soprattutto sui metodi di diagnosi.

Dall’iridologia ai test sulle IgG: supposizioni, nessuna certezza

Sui sistemi per individuare le intolleranze alimentari, in barba proprio a quanto anche la medicina “alternativa” maggiormente predica, ossia sull’importanza di una visione olistica della persona, che si assiste alla maggiore proliferazione di sistemi di ogni tipo: dai test muscolari kinesiologici, ad esami sulla conducibilità cutanea, all’analisi del capello, al test citotossico sul sangue (reazione dei globuli bianchi), alle applicazioni dell’iridologia… sembra non esserci limite alla fantasia di chi li propone, spesso in buona fede (e con un occhio alla cassa…), ma anche all’ingenuità di chi vi si affida, nella speranza di risolvere un vero o presunto malessere fisico o psicologico, o addirittura di perder peso elimando solo questo o quell’alimento dalla dieta.
Ancora più pericoloso è quando un metodo si propone con un’autoinvestitura di scientificità, e questo attraverso un’informazione solo parziale al consumatore (consapevolmente non parliamo qui di “paziente”). E’ il caso del test sulle intolleranze alimentari, denominato Food Intolerance Test, che, sulla base di un esame ematico di laboratorio, attraverso il metodo Elisa (questo sì efficace e tecnicamente affidabile), rileva nel sangue la presenza di Immonuglobuline G, cioè degli anticorpi specifici, se messo a contatto con determinati alimenti. E fin qui, nulla da eccepire sotto il profilo scientifico.


IgG e intolleranze: nessuna correlazione significativa

L’anello debole del Food Intolerance Test sta proprio qui: non è mai stata comprovata scientificamente e in modo univoco la correlazione tra livello di IgG nel sangue e presenza di intolleranze alimentari. Il motivo è semplice.
Le IgG sono il tipo di anticorpo più abbondante che il nostro sistema immunitario produce, come reazione fisiologica, nel momento in cui entra in contatto con moltissime sostanze, tra cui gli alimenti. Esistono però almeno 4 sottotipi di IgG (IgG1, IgG2, IgG3 e IgG4) e molti diversi tipi di ricettori che permettono loro di legarsi alle membrane cellulari. Perciò l’attività biologica degli IgG dipende non solo dalla loro specificità, ma anche dal sottotipo e dal tipo di ricettore cui si legano. Se ne deduce che il semplice dosaggio indifferenziato delle IgG che si legano ad un dato alimento non fornisce dunque alcuna informazione circa il loro effetto sulle reazioni del nostro organismo. Anzi va aggiunto che, “la presenza di IgG ha generalmente un significato protettivo nella risposta allergica”*.

Allergie e intolleranze: una confusione terminologica strumentale

Ad aumentare la confusione nel paziente, si aggiunge il fatto che i autori del test parlano di intolleranza alimentare come di una reazione immunitaria ritardata IgG mediata. Ma, se si parla di reazione immunitaria, non ci si può riferire alle intolleranze alimentari, bensì di allergie alimentari, di cui non sono responsabili gli IgG (qui – come noto - entrano in gioco gli anticorpi IgE nel caso dell’allergia immediata, e cellule quali linfociti, macrofagie ecc. nel caso di allergia ritardata).


In conclusione: rivalutiamo il rapporto medico/dietista-paziente 

Tra i tanti compiti di dietologi, nutrizionisti e dietiste, c’è oggi sempre più anche quello di informare i pazienti sulla pericolosità dei tanti test “fai da te” privi di basi scientifiche. L’unica diagnosi certa e possibile, in grado di spianare la strada alla vera guarigione, è quella svolta dal professionista competente, in grado di valutare insieme al paziente la sua storia clinica personale.
Anche, ma non solo, in tema di intolleranze alimentari.

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